domenica 16 agosto 2015

UT "GRAPHICA" POESIS













La strategia della delegittimazione, officiata dai sacerdoti della contemporaneità, consiste nel declassare i linguaggi espressivi tradizionali, tra questi l'incisione, al livello di mere tecniche esecutive e pertanto sostituibili con altre tecniche più aggiornate ed efficaci rese disponibili dal progresso, appunto tecnico, ma secondo l'avvertimento di Giacomo Leopardi «tutto si è perfezionato da Omero in poi, ma non la poesia».
Effettivamente anche oggi ammiriamo una poesia scritta mille anni fa, ma nessun medico penserebbe di poterci curare solo con purghe e salassi come usava ai primordi della medicina. I progressi della scienza non sono obbligatoriamente trasferibili in tutti i campi della creazione umana: sappiamo quanto il titanio sia resistente alla corrosione, ma non è che dalla sua scoperta nel 1789 e dall'inizio del suo uso industriale nel 1946 gli amori o le amicizie siano divenute più durature. La "Teoria delle Stringhe" non ha cambiato il modo di allacciarci le scarpe e le nano tecnologie non hanno migliorato la poesia.
Con grossolano sarcasmo intendo dire che i sentimenti primordiali permangono immutati, per questo i versi d'amore di Saffo risultano sempre attuali e le "Carceri d'invenzione" di Piranesi continueranno ad inquietare. Vi sono aspetti della nostra esistenza, riguardanti i sentimenti e le emozioni, che sono senza tempo e un'opera d'arte deve "anche" coinvolgerci emotivamente, riuscire a toccare corde (empatia o neuroni specchio) che riescono a vibrare attraverso il "non detto". Altrimenti resta "solo" l'enunciazione di concezioni attraverso "battute" più o meno sagaci o salaci.
Per questo non ha senso chiedersi se oggi sia più all'avanguardia questo o quell'artista,  questa o quell'opera, questa o quella tecnica...
Con arroganza innovativa la contemporaneità pretende che sia tradotto in arte il caos del mondo.
Forse non è meglio cominciare a chiedersi se non sia un più autentico principio di verità opporsi a quel caos ed esprimere nella bellezza il migliore adeguamento al nostro tempo?
La bellezza si apprende, si impara a riconoscerla solo se qualcuno inizia ad additarla e alla fine diventa una consuetudine che rende più felice la civiltà che la possiede.
Tutti crediamo nella bellezza e tentare di definirla senza esitazioni è rischioso almeno quanto far ricorso al relativismo del «pulchrum est quid placet» ed anche questa è una porta che prima o poi dovrà essere riaperta. Non è possibile che tutto nell'arte debba essere giustificato o reso interessante.
Quale progresso esprime un linguaggio che implode in modo autoreferenziale, escludendo la possibilità di essere compreso?
Mi rendo conto di mettere in discussione cosa è "giusto" e dove sta la "verità" e so bene che è impossibile rispondere agli interrogativi sulla verità e sulla bellezza una sola volta e per sempre. Credo però che per gli artisti sia utile porseli e tentare di dare una risposta, pur temporanea e provvisoria, con la realizzazione della loro opera.

sabato 1 agosto 2015

CUOR MIO

Come fulmine a ciel sereno
si scaricò su me
di buon mattino
l'amico Alfredo:
-Su!
vieni
via!
alzati!
Fai presto!
andiamo a vedere
le acqueforti.
- Alfredo Alfredo
di questo cuore –
rispondo
spiegando un’ala
aprendo un occhio a metà
e con un interminabile
sbadiglio
preparandomi a vivere:
- mi dispiace di dirtelo
ma non ci penso neppure
né ci posso venire.
-Su!
sveglia!
Alzati!
Vestiti!
Fai presto!
Vedrai come sono belle
le acqueforti.
- Sto tanto bene così
che nessun genere di acque
mi potrebbe muovere
e ti prego vivamente
di levarti dai piedi
e lasciarmi dormire.

Svegliandomi
poche mattine dopo
venni assalito di soprassalto
da una smania incontenibile
violenta
bestiale
provocata non v’ha dubbio
dal ricordo di Alfredo
inconsciamente
di vedere delle acqueforti.
Saltai dal letto in furie
finendo di vestirmi
per le scale
aggirandomi
solo e ramingo
per tutta la città
trafelato
disperato
dannato
disfatto
senza riuscire a vedere
un’acquaforte.


Aldo Palazzeschi, 1968