mercoledì 24 luglio 2013

EDIZIONI STRAORDINARIE 2

Hypnerotomachia Poliphili
Aldo Manuzio, Venezia 1499
In folio











Come immagine per introdurre questo post e anticiparne l’argomento, si è scelta una riproduzione delle pagine della Hypnerotomachia Poliphili che, secondo la stragrande maggioranza degli appassionati di libri, è il più bel libro mai stampato.
Dovevo essere particolarmente distratto, o forse l’iniziativa non era stata promossa in modo adeguato; la mostra risale al mese di Luglio dello scorso anno, presso la “Fondazione Banca del Monte” di Foggia che ha anche pubblicato il ricco catalogo di accompagnamento: “LA SCRITTURA E L’IMMAGINE - tra arte e poesia: i libri d’artista italiani del Novecento” a cura di Luigi Paglia.
Anche se ne sono venuto a conoscenza soltanto adesso la pubblicazione che accompagnava la mostra non è di quelle soggette a rapido deperimento e resterà ancora valida per diversi anni a venire.
Per i miei interessi e i miei poveri gusti la mostra e la relativa pubblicazione hanno il pregio di occuparsi dello stesso ambito che intendevo indagare con la pagina EDIZIONI presentata nel post EDIZIONI STRAORDINARIE e la coincidenza di certe proposte è tale da rivelare una significativa ascendenza che mi rende orgoglioso per averla concepita virtualmente e attenua l’invidia di non essere stato io a realizzarla concretamente.
Non so come fosse stata allestita la mostra, esporre dei libri non è facile; mentre per apprezzare un quadro o una stampa sono sufficienti una buona illuminazione e consentire anche una visione ravvicinata, per un libro, oltre all’inconveniente di poterlo mostrare solo parzialmente (quant’anche fosse del tutto smembrato) resterà sempre precluso (per ovvi motivi) il piacere tattile di sfogliarne le pagine.
 “Libro d’artista”, “libro d’arte”, “libro illustrato” “libro oggetto”… solo per restare nell’ambito della concretezza materiale e senza neanche sfiorare le contemporanee possibilità del virtuale.
Le distinzioni sono a volte nette, a volte sottili, altre volte del tutto ambigue, come sempre accade quando gli ambiti si moltiplicano e ciascuno tiene a differenziarsi e considerare il proprio ambito prioritario.
«La mostra propone un’esemplificazione (ovviamente, non esaustiva, dato il panorama quasi sconfinato delle pubblicazioni, ma abbastanza rappresentativa) delle diverse realizzazioni di libri d’artista da parte di vari editori, a partire dagli anni venti-trenta del Novecento e limitata al territorio nazionale.»
Così inizia il saggio introduttivo di Luigi Paglia che poco dopo individua chiaramente l’ambito di interesse «… più convenientemente si potrebbe parlare di libro di arte e poesia o letteratura, rappresentando esso un genere particolare di oggetto estetico derivante dall’interrelazione (nella prospettiva di una particolare forma di intertestualità) di diverse espressioni artistiche [….] Sono, pertanto, da escludere dal novero dei libri di artista le opere con riproduzioni fotomeccaniche…»
Paglia individua «… una quadrangolazione editore – artista – stampatore – scrittore, con la possibilità di coincidenza di due o tre di questi ruoli nella figura dell’editore, soprattutto se piccolo, il quale rappresenta il vertice propositivo dell’operazione […] piccoli e micro editori che realizzano spesso le loro opere senza fine di lucro, con la collaborazione gratuita di artisti e letterati più o meno importanti…»
Il testo introduttivo ha il pregio di un approccio affatto pragmatico, analizza le tipologie di impaginazione, i formati, le carte, i caratteri… «Le tecniche utilizzate nelle opere artistiche…», «…la mappa della dislocazione territoriale degli editori…», i «…tempi di fondazione delle edizioni, o, più precisamente, quelli in cui viene intrapresa la pubblicazione dei libri d’artista».
Per concludere affermando che: «La storia del libro d’artista del Novecento coincide, quindi con la sequenza diacronica degli editori dei quali, di seguito, si presentano - chiedendo venia per le inevitabili dimenticanze – le schede sintetiche dell’attività, e si identifica, anche con la storia della grafica, dell’arte, della poesia e della letteratura».
Segue la presentazione di 49 editori.
Di alcune iniziative editoriali, soprattutto le più antiche, si da comunicazione della cessata attività. Quanto siano attive le più recenti è difficile dirlo, temo che anch’esse risentano della crisi generale.
Tra le proposte editoriali mi interessano di più quelle nelle quali la relazione tra immagine e scrittura è più stretta sia concettualmente perché pensate l’una per l’altra, sia concretamente perché impaginate e rilegate unitariamente. In tutte quelle rientranti in questa categoria, prescindendo dalle mie preferenze di linguaggio artistico, rilevo un rigore ammirevole. Invece non mi piace punto l’idea di quelle incisioni sciolte senza alcuna relazione con il testo ed inserite nel libro solo per alzare il prezzo di copertina (tipo Edizioni Henry Beyle, tanto per intenderci e farmi un “amico” in più).
Conservano tutta la loro raffinatezza le iniziative “One Man Print“ cioè lo stesso artista che è anche stampatore ed editore, ma ritengo più apprezzabili coloro che ricercano collaborazioni e scambi con altri artisti e autori.
Al momento le proposte editoriali più impegnative provengono da “Il Tavolo Rosso” di Udine e da “Mavida” di Reggio Emilia con opere molto diverse, di alta qualità nella realizzazione e grande coerenza anche nella scelta dei testi e degli artisti.
Riallacciare il legame tra incisione e libro, proprio nel momento in cui l’incisione sembra non interessare più nessuno e il libro si smaterializza nell’e-book, può risultare, paradossalmente, un’opportunità: stampa tipografica, incisioni originali, carte raffinate, legatura artigianale… in quanti raggiungerebbero l’orgasmo?

venerdì 19 luglio 2013

CIAO GIORGIO

San Donà, 23 Luglio 1917 – Venezia, 18 Luglio 2013

La cerimonia funebre si terrà presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia (ex Ospedale degli Incurabili, in riva alla Zattere), Martedì 23 Luglio (giorno del suo 96° compleanno) alle ore 10,30.

lunedì 15 luglio 2013

ANCORA SULLE BIENNALI

 Giancarlo Vitali (Bellano 29/11/1929)
LA “COPPA VENINI”, 1984. Acquaforte 250 X 230





A sostegno autorevole della tesi espressa disorganicamente nel precedente post, si riporta uno stralcio del testo scritto da Paolo Bellini per il catalogo della prima “Biennale di Olzai”.
L’idea di incisione del Professor Bellini è ben nota e anche nel testo in catalogo non manca di evidenziare le proprie preferenze, ma per quanto riguarda le considerazioni generali risultano ispirate da una lucida visione dell’attuale situazione ed espresse con l’abituale chiarezza e incisività.
Non c’è nulla dei toni enfatici e trionfalistici che caratterizzano le presentazioni di analoghe iniziative e la segnaliamo ritenendola, probabilmente, la presentazione più intellettualmente onesta che può capitare di leggere.


«Di fronte alla nascita di una nuova Biennale di grafica, come è appunto quella di Olzai, è legittimo e doveroso chiedersi quale ne sia il senso. Per Olzai in particolare, ma anche in genere, estendendo la domanda alle altre numerose Biennali che hanno luogo in Italia. La risposta più ovvia e più logica è che una Biennale debba e voglia presentare al pubblico e alla critica soprattutto due aspetti: una valorizzazione del proprio territorio e insieme uno spaccato, dove più e dove meno veritiero, della situazione della grafica italiana in quel momento, una sorta di panoramica della produzione contemporanea ritenuta migliore.
Sulla promozione del territorio non vi è dubbio che un’iniziativa come quella avviata dal Comune di Olzai recherà qualche effetto positivo. Se poi dobbiamo considerare le opere presentate come uno spaccato dell'arte grafica contemporanea, emergono allora alcune considerazioni interessanti. A livello generale si può dire che la maggior parte delle opere ammesse alla manifestazione rientrano nell'ambito del figurativo, con poche e non significative eccezioni. Varie poi e con marcate differenze si mostrano le cadenze stilistiche proprie di ciascun artista. A livello molto sintetico e generale è parso che vi sia un gruppo di incisori che mostrano nei propri lavori una maestria tecnica e mimetica di grande spessore, replicando del resto una prassi che da anni perseguono nel loro lavoro: opere certo ammirevoli e ammirabili, ma che non superano la soglia di una raffinata, esperta e consumata abilità tecnica, specie quando scelgono particolari dove tale perizia può essere meglio mostrata, come la luce di una lampada o le pieghe di un tessuto.
In altri invece si è avuto modo di leggere un soffuso e insistente richiamo a una visione che sconfina dal mondo visibile e riproducibile verso una dimensione fantastica, nel tentativo, spesso riuscito, di creare con la propria opera un’allegoria.
[…]
Se queste ottanta opere volevano essere uno spaccato della produzione dell’arte grafica contemporanea, come si diceva più sopra, ebbene, direi che lo sono, anche se, onestamente, va riconosciuto che alcuni dei lavori presentati sono un po’ troppo "datati" e in futuro sarà opportuno porre dei termini più chiari in tal senso. Naturalmente non tutti possono ritenersi d’accordo con l’opinione che questa edizione della Biennale di Olzai sia rappresentativa della grafica che oggi si fa in Italia. È vero, hanno ragione. Da parte di diversi incisori si realizzano opere di tutt’altro tipo, si sovrappongono le tecniche, si mescolano i linguaggi, si punta a stupire. Ognuno è libero di fare l’arte che vuole. È una questione di qualità e forse anche di buon gusto.
Chiudo con un'osservazione che mi pare doverosa: questa Biennale, ideata da Enrico Piras e supportata intelligentemente dal Comune di Olzai, ha fra i tanti un merito: quello di non proporre vincitori, ma solo segnalati. Un modo intelligente per rispettare gli artisti e per ribadire che un concorso artistico differisce di molto da una gara podistica o ciclistica.»

lunedì 1 luglio 2013

SULLE BIENNALI

Leonardo Castellani (Faenza 1896 – Urbino 1984)
GLI IMBALSAMATI
acquaforte, 1935 mm 227x 360








Al loro primo apparire il senso delle rassegne che ancora oggi chiamiamo “Biennali” era quello di presentare uno spaccato della situazione dell’arte in quel dato momento, una ricognizione della produzione contemporanea ritenuta migliore.
La crisi di questa concezione esplode a partire dagli anni novanta del Novecento con l’inflazione di mostre biennali che hanno scardinato il modello dall’interno sostituendolo col concetto di mostra “a tesi”.
Il responsabile, che inizia a chiamarsi “curatore”, individua una tematica, o una tesi appunto, e sceglie di presentare quegli artisti e quelle opere che ne siano la “dimostrazione”.
Massimiliano Gioni, curatore della 55ª Biennale in corso a Venezia, in un’intervista pubblicata nel numero 300 di “artedossier” dichiara che «Non esiste un formato sclerotizzato di biennale, al contrario credo che ci sia libertà, una biennale può essere qualsiasi cosa… Si parla di biennali solo per riferirsi a un formato che avviene ogni due anni».
Se così “È” nel mondo dell’arte contemporanea, così “NON È” nel mondo dell’incisione italiana contemporanea, o meglio non lo è ancora anche se qualche tentativo è stato fatto.
qualunque rassegna che, oggi, tenti di applicare l’originario principio di presentare una panoramica dell’arte incisoria del momento, è condannata in partenza a non riuscire a presentare nulla di nuovo per i motivi che nel post “J’e accuse” sono già stati argomentati.
Il problema è intricato perché è in crisi il sistema, è in crisi il mercato, sono in crisi gli artisti incisori…
Non si vuol sostenere che il principio della mostra “a tema” sia, di per sé, la panacea in grado di assicurare la buona riuscita, tuttavia appare evidente la necessità per i curatori delle prossime rassegne d’incisione di rivederne l’impostazione, iniziando con l’assumersi il rischio di proporre nomi se non “nuovi” almeno “diversi”, forse per alcuni artisti consolidati non essere più invitati può costituire un qualche incentivo a rimettersi in discussione?
La frecciatina è avvelenata, me ne rendo conto, ma non è tempo di ipocrite accondiscendenze.
Altro che “continuità”!
C’è stato un surplus di “quantità” ora è indispensabile che tutti i soggetti coinvolti si mettano al lavoro per elaborare “nuova qualità”, altrimenti possono continuare a fare gli imbalsamatori, ma i fatti dimostrano che non c’è tutta questa domanda di uccelli impagliati.