martedì 26 marzo 2013

REPERTORIO DI BAGNACAVALLO: CHIQUITA 10 E LODE


Come nella nota marca di banane anche gli incisori di qualità saranno riconoscibili dal caratteristico “Bollino Blu”.

È questa la novità introdotta per la nuova edizione (la sesta) del “Repertorio degli Incisori Italiani” di Bagnacavallo. Le adesioni degli artisti dovranno pervenire entro il 20 Aprile e la presentazione è prevista per il mese di Ottobre nell’ambito del “Primo Festival dell’Incisione” in corso di organizzazione.
La scorsa edizione fece registrare qualche defezione e poiché in questi ultimi cinque anni qualche giovane si è affacciato alla ribalta, credo che non tutti riceveranno direttamente l’invito, pertanto è opportuno attivare un passaparola: si può contattare il "Gabinetto delle Stampe"  per farsi inviare il regolamento e la scheda di partecipazione.
Gli aspetti positivi del “Repertorio” non hanno bisogno di essere sottolineati da me, mentre l’appunto che intendo fare si è già intuito, comunque mi sento di sollecitare tutti gli artisti a non fare mancare la propria presenza, rivolgendomi in particolare a chi è sprezzante del proprio lavoro e a coloro che, ritenendo che per il foglio inviato spetterebbe una copia omaggio del “Repertorio”, potrebbero impuntarsi su una questione di principio. Questa nuova edizione ha la particolarità di realizzarsi in «una fase storica certamente non facile», come giustamente la definiscono i curatori (tutti i virgolettati basi sono tratti dal regolamento di partecipazione), caratterizzata oltre che dal disinteresse culturale e di mercato anche dall’assenza di una prospettiva futura di cambiamento di tendenza. 
La prima edizione del “Repertorio” fu realizzata nel 1993, allora la facilità di ricerca consentita da Internet era ancora da venire, e fu un impegno rilevante riuscire a contattare, tramite posta e telefono, gli incisori per una prima ricognizione nazionale.
Alcuni “Venerati Maestri” (vedi TASSONOMIEsi fecero pregare, altri fecero finta di ignorare salvo poi pentirsene o fingere, anche in quel caso, pentimento.
Mi sembra opportuno rendere omaggio al diretto impegno profuso, in quella prima occasione e in successive edizione, da Anna Mazzotti che è rimasta nella simpatia di tanti, non solo di chi l’ha conosciuta personalmente, ma non voglio che questa nota assuma un tono commemorativo, piuttosto è un pretesto per rilevare che tra le consegne passate a Galizi evidentemente non è stato incluso il senso della disponibilità.
La massima apertura si registrò con il terzo volume, 1998 – 2000, dove chiunque avesse realizzato un’incisione poteva essere inserito nel “Repertorio”.
La concezione è sempre stata quella di un “censimento”, infatti viene correttamente definita «una mappatura della situazione incisoria contemporanea in Italia, effettuando un censimento degli incisori operanti nel campo delle tecniche calcografiche e xilografiche».
Su questo aspetto non sono mai mancate le critiche perché da un canto, come opportunamente è stato fatto notare (PRESUNTI MERITI ), non c’è alcun merito nell’essere inclusi in un censimento; dall’altro tutti gli artisti, o sedicenti tali, hanno la presunzione di meritare attenzione esclusiva ritenendo che vi sia sempre qualcuno più scarso di loro che non la meriti.
Successivamente furono introdotti dei criteri minimi di ammissione che non differiscono da quelli previsti per la prossima edizione. Non starò ad analizzarli uno per uno, poiché, in generale, mi sembrano tutti di buon senso, anche facilmente aggirabili, o per dirla più elegantemente sufficientemente elastici da consentire qualche deroga, infatti «I curatori del Repertorio si riservano la facoltà di ammettere all’interno della pubblicazione artisti di comprovata professionalità che, per motivi contingenti, non siano in grado o in condizione di fornire i dati richiesti.»
Inoltre è previsto che: «Sono comunque ammissibili gli incisori che, anche se non corrispondono ad uno o più dei requisiti citati, sono stati selezionati (nel periodo 2008-2013) in una delle seguenti manifestazioni…» e mi sembra opportuno segnalare due “piccole sviste” o due “consapevoli scelte” dei curatori: la prima è l’assenza della Biennale di Bassano del Grappa (giunta alla terza edizione non capisco cosa abbia in meno rispetto alle altre); la seconda è nel continuare a considerare un titolo di merito la partecipazione al “ Premio Grafica ed Ex-libris” di Casale Monferrato anche se, proprio dall’edizione del 2013, è divenuto aperto a chiunque paghi la quota di partecipazione (LISTINO PREZZI) .
Probabilmente verrò, ancora una volta, accusato di intentare un processo alle intenzioni, ma faccio rispettosamente notare che in più di un’occasione i “criticati” si sono avvalsi delle mie considerazioni per correggere il tiro evitando di scivolare proprio sulla buccia di banana (vedete che le banane ritornano?) che avevo segnalato.
Veniamo dunque alla bella trovata che caratterizzerà la prossima edizione:
«l’aggiunta – all’acritica elencazione repertoriale degli artisti – di un elemento grafico di “segnalazione” che andrà a contrassegnare le schede degli incisori che, per qualità della loro proposta artistica o per portato della loro attività artistica e/o espositiva, si possono considerare tra coloro che meglio hanno rappresentato le tendenze del panorama incisorio nel nostro Paese nel periodo cronologico di riferimento (2008-2013). Una commissione di esperti, appositamente nominata dal Gabinetto delle Stampe, si occuperà di indicare coloro a cui verrà apposto il “bollino di segnalazione”».
Le regole del gioco e gli arbitri si stabiliscono prima dell’entrata in campo dei giocatori.
Da chi sarà composta la Commissione?
Da un artista? Dovrebbe innanzitutto giudicare se stesso!
Da un presidente di associazione? Come potrebbe non “bollare” meritevole un membro della propria associazione?
Un critico?
Uno storico?
Ammesso che ne esista qualcuno che non sia anche l’altro, “bollerà” solo quelli che rispondono alle sue personali preferenze artistiche, oltre gli “amici” ovviamente, o valuterà in modo imparziale e distaccato?
Ovviamente nulla viene anticipato sui membri della commissione, a meno che non si pensi, come ne “La libreria del buon romanzo”, che rimanga del tutto segreta (soluzione praticamente inattuabile nel nostro “cortile” ché definirlo “campo” sarebbe troppo vasto).


Anche se si tiene a precisare che «Non si tratta, dunque, di una selezione che dà diritto a premi o ad altri riconoscimenti», nel post CHI?” ho segnalato il diritto degli artisti “concorrenti” di conoscere in anticipo la composizione delle giurie per il semplice fatto che un artista potrebbe ritenere di non attribuire legittimità di giudizio a un certo componente anche solo per una banale umana antipatia personale, senza neanche tirare in ballo divergenze artistiche e culturali.
La valutazione avverrà solo sulla base dell’opera inviata e della «scheda di raccolta dati»?
Ammettiamo che un mero criterio quantitativo (numero di mostre e pubblicazioni, ma quante?) consenta di valutare «il portato dell’attività artistica e/o espositiva», ma quali elementi determinano la «qualità della proposta artistica»?
Solo dopo aver risposto a questa complessa domanda si può procedere ad individuare dei criteri atti a misurarne la «qualità» (sempre che essa si configuri come misurabile oggettivamente). Invece il regolamento niente dice in merito a questa domanda preliminare e fondante, rimettendo nelle mani della «commissione di esperti» l’individuazione dei criteri valoriali che porteranno all’apposizione del «bollino di segnalazione».
La «commissione di esperti» individuerà criteri oggettivi e universali o stabilirà propri criteri che qualunque altra commissione potrebbe stabilire diversamente?
Conosco un artista di straordinaria qualità che non incide da almeno dieci anni, semplicemente perché non ne ha sentito la necessità espressiva e non ha avuto esplicite richieste di committenza. Ha ritenuto che altre tecniche rispondessero meglio alle proprie esigenze artistiche e anche, da non sottovalutare, a quelle di mercato. Ha realizzato delle tecniche miste altrettanto splendide con “successo di critica e di pubblico” per dirla con una frase fatta. Non per questo ritengo sia decaduto dall’essere un incisore di eccelsa qualità e la prossima lastra non sarà da meno, ma secondo quanto anticipato, poiché «le mostre devono riguardare prevalentemente l'incisione», non avrebbe diritto al «bollino di segnalazione» che invece spetterebbe a quell’incisore intraprendente, per non dire traffichino, ma pessimo artista, che si dà effettivamente da fare per promuovere un’associazione, che organizza un premio e ne cura la mostra e il catalogo, che il tutto sia direttamente (quota di partecipazione) o indirettamente (solo per associati) a pagamento pare che non faccia più alcuna differenza (affinché non vi arrovelliate, sono più di uno a rispondere all’identikit tracciato, anche se tra gli altri c’è anche chi invece è un bravo artista).
Tutto quello che ho scritto fin qui si presta al fraintendimento che si voglia sostenere il dilettantismo a scapito della meritocrazia. Tutti i precedenti post dovrebbero servire a chiarire il mio intendimento: la professionalità e la qualità artistica vanno valorizzate; non ho dubbi che un artista che, negli anni, sia stato selezionato in tutte le rassegne elencate abbia una marcia in più degli altri e che questa qualità in qualche modo gli vada riconosciuta. Per maggiore chiarezza aggiungo che chi ha scelto di restarsene appartato a creare capolavori, almeno non rompa i coglioni lamentandosi di non essere mai preso in considerazione. Ma, correndo il rischio di alimentare illusioni, so che si può essere artisti di qualità anche se non si è stati selezionati in quelle stesse manifestazioni, per tanti motivi che non sto qui ad elencare. Ritengo inoltre che ad un certo punto della propria vita si possa fare a meno di inseguire concorsi a premi e limitarsi solo a quelle rassegne nelle quali si è espressamente invitati e se non si è invitati pazienza, si continuerà a lavorare con impegno e serietà come si è sempre fatto.
Per concludere non credo che avere o non avere il «bollino» possa sconvolgere l’esistenza di un artista (non mancherà chi con vanagloria ne menerà vanto) tuttavia neanche potrà avere la superficialità di un “mi piace” su Facebook, nel caso del repertorio occorre una chiarezza sui punti evidenziati che, se c’è nelle intenzioni, tuttavia non traspare.
Spero di riuscire ad assistere al “Primo Festival dell’Incisione”, mi auguro sia ricco di incontri e occasioni perché mi interessa e incuriosisce di più dei risultati della sacra “bollatura” avendo già deciso che non li commenterò e diffido quelli che si riterranno delusi dal rammaricarsi che Onorio Del Vero l’aveva scritto.



lunedì 4 marzo 2013

LANFRANCO LANARI


Lo Studio (Foto L. L. 2012)
Sono stato mosso al mondo dell'incisione, in maniera al quanto elegante, trent'anni fa, da Mario Bellagamba, nome noto tra gli amanti dell’incisione ed un amico purtroppo scomparso da pochi mesi.
Nel 1983 dipingevo ad olio sul retro del vetro, alla maniera dei naif slavi, l'immagine risultava per trasparenza con la destra e la sinistra invertite e contemporaneamente ho iniziato a realizzare graffiti su cera.
Si può dire che avevo già le impostazioni mentali per fare incisioni e da allora ho inciso più di 400 lastre.
L’esperienza con la prima lastra fu un disastro, non avevo protetto il retro, l’acido la corrose quasi a bucarla ma, per carattere, non mi arrendo facilmente e quindi ho tramutando le difficoltà in insegnamenti giovandomi anche dei risultati ottenuti con la casualità, tutto è insegnamento.
Ho provato tutte le tecniche calcografiche e ho avuto fugaci rapporti con serigrafia e litografia con una maggiore frequentazione con la xilografia.
Devo confessare però che quella che mi appaga maggiormente è l'acquaforte che nelle ultime lastre ho accompagnato con vernice molle, punta secca e maniera nera.


Per più di un anno ho progettato e realizzato solo incisioni a tre dimensioni perché da qualche tempo cercavo il modo di uscire dall'impronta bidimensionale della lastra.
Mi sono ispirato ed ho riadattato la tecnica dei libri animati (da sempre ne subisco il fascino) con l'incisione; con semplici tagli e piegature sono riuscito a dare la terza dimensione ai miei lavori, proponendomi però, il rispetto di alcune regole: un unico foglio, tagli rettilinei e meno manipolazioni possibili restando attento alla serialità.


Noi incisori siamo una specie particolare di artisti se non altro, per deformazione professionale, siamo abituati a leggere da destra verso sinistra, cerchiamo con la monocromia i colori, utilizziamo tecnologia e materiali già affinati nel ‘500, nel nostro laboratorio alberga un po’ dello spirito dell'alchimista, abbiamo a che fare con acqua, fuoco, terra e con l’uso di acidi trasformiamo lastre di metallo in generatori di immagini.
Quando lavoro sono coinvolto con tutti i sensi; dall’odore penetrante e aromatico della vernicetta, da quello acre e bruciante dell'acido, da quello grasso dell'inchiostro; l’udito, che è stimolato dalla cesoia sul rame che raggela il sangue con il suo stridore e dallo scricchiolio sotto la pressione del raschiatoio e della punta d’acciaio; il gusto, che tra tutti, è il senso meno utilizzato eppure, conosco il sapore dolciastro e spiacevole del rame che rimane in bocca quando si lima e carteggia e poi, i due sensi imprescindibili, il tatto e la vista.

Qualcuno mi ha chiesto se non ci si stanca di fare l’incisore per così tanto tempo; rispondo che non basterebbero tre vite per approfondire tutte le possibilità, è una continua occasione per nuove ricerche e scoperte, anche solo rimanendo dentro i confini dell'incisione originale.
Naturalmente non ho la minima simpatia per la computer grafica.
  

Dal 1988 eseguo ex libris ma non ricordo come sia inciampato in questa sparuta nicchia del pur già ristretto mondo dei "conoscitori di stampe".
L’ex libris mi è servito per allargare i confini e far conoscere i miei lavori nelle varie manifestazioni a tema organizzate in varie parti del mondo, mi è servito per allacciare conoscenze che in molti casi si sono trasformate in amicizia.
Spesso ho utilizzo l'ex libris per sperimentare in piccolo nuove tecniche e metodologie, un po’ per mettermi alla prova ed un po’ per mettermi in gioco con tematiche a me non troppo vicine riprogettando poi su lastre di grande formato.


Lanfranco
Falconara Marittima, Febbraio 2013



IL FARO 2000
Acquaforte e acquatinta
IN EQUILIBRIO SU UN RAGGIO DI LUCE








Alcune note biografiche nella loro schematica convenzionalità sembra che siano finalizzate a nascondere piuttosto che a fornire utili notizie per la conoscenza dell’artista. Si può discutere sulla opportunità di distinguere l’interesse rivolto all’artista inteso come creatore dell’opera d’arte rispetto all’uomo che vive nella realtà quotidiana1 ed è vero che in alcuni casi l’aneddoto può costituire uno spunto significativo che aiuta a delineare la personalità più a fondo di quanto sia possibile con altre fonti. Mi accosto sempre con pudore alla vita privata degli artisti e non sono propenso a divulgare quello di cui vengo a conoscenza, non perché lo ritengo irrilevante ai fini della corretta ricostruzione storica della biografia, ma il rischio di scadere nel pettegolezzo è troppo alto perché valga la pena di tentarlo solo per quel tocco di colore aggiunto alla biografia “ufficiale” allo scopo di mostrare anche le umane debolezze, inoltre non colleziono biografie come vite impagliate, ma le divoro crude nel preciso momento che sono offerte.
C’è un particolare aspetto della vita di Lanfranco Lanari che privato non è perché reso pubblico da una mostra che riguardava la sua collezione di incisioni antiche2.
Gli incisori, forse più di altri artisti, amano possedere e ricercano fogli di altri autori, soltanto pochissimi però possono dirsi collezionisti nel significato pieno della parola cioè mossi da quelle ragioni profonde che la micropsicoanalisi ha da tempo individuato. Lanari è mosso da autentica passione, l’impegno nella ricerca di antiche stampe non è diverso dall’impegno nell’incidere le sue lastre, gli interessi si sono sviluppati parallelamente e partecipano del medesimo sentimento: «...amo il mio lavoro anche grazie ai fogli dei maestri del passato più o meno recente»3 .
Parlare della collezione di stampe di Lanari vorrebbe dire ripercorrere la storia dell’incisione fin dalle origini, invece qui si vuol parlare dell’arte di Lanari incisore e questo inizio che può apparire così strano restituisce il mio approccio anomalo, infatti ho conosciuto Lanari prima per la sua collezione e successivamente per le sue incisioni.
Essere contemporaneamente incisore e collezionista non so quanto possa fare differenza sul piano strettamente artistico, certamente dice molto rispetto alla sensibilità e alle conoscenze tecniche e culturali.
Mi fa particolarmente piacere dedicare un post a Lanfranco Lanari che, nato ad Ancona nel 1953, a Trent'anni si appassiona all'incisione, ne sperimenta tutte le tecniche preferendo quelle calcografiche e festeggia proprio quest'anno i suoi primi trent'anni di attività artistica avendo inciso, prevalentemente all'acquaforte, più di 400 lastre.
LA FORMICUZZA, 1986. Acquaforte e acquatinta, 320 x 320 

Il dichiarato interesse di Lanari per l’arte popolare e naïf si traduceva nelle prime opere, soprattutto in alcune illustrazioni di antiche filastrocche4, nella scansione a scomparti della lastra che riprende così l’impostazione dei teleri dei cantastorie, ma già in lavori di poco successivi si possono cogliere riferimenti all’arte “colta”: Girotondo nel bosco del 1993 e Tramonto nel bosco del 1995 mi sembra si possano porre in riferimento alla Caccia notturna di Paolo Uccello, e La via di fuga del 1995 rievoca certe atmosfere alla Friedrich.

TRAMONTO NEL BOSCO, 1995. Acquaforte e acquatinta 492 x 347
Tecnicamente queste incisioni sono caratterizzate da un disegno al tratto di acquaforte con campiture uniformi di acquatinta. Sinceramente, in generale, questo modo di combinare le due tecniche, anche in altri artisti, non sempre mi convince, evidentemente per Lanari si trattava di una fase necessaria a maturare la scelta che lo porterà ad accantonare l’uso dell’acquatinta a favore di un’immagine tutta segnica.
IL LECCIO, 1994. Puntasecca 138 x 138. 
Il paesaggio marchigiano che compare stilizzato in alcune delle prime incisioni di Lanari (Monte Domini, acquaforte e acquatinta; Il leccio, puntasecca del 1994) ritorna, a volte, come contesto delle visioni fantastiche, ma c’è di nuovo che le sostanze dell’universo risultano intercambiabili: è così tra acqua e cielo, tra l’immagine e il riflesso… Lanari mette in atto un continuo processo di trasmutazione, pertanto lo avrei visto bene a Praga alla stravagante corte di Rodolfo II, incidere e dare alle stampe le sue lastre in una bottega del “Vicolo d’Oro”. Così non è solo un caso il sodalizio con l’incisore ceco Dušan Urbanik e proprio Praga fa parte della serie “Città Magiche” degli inizi degli anni novanta5 , vedute caratterizzate da una rappresentazione frontale, senza delimitazione di uno spazio prospettico come ricomposte in un’altra dimensione del tempo artistico.
PRAGA, 1994. Acquaforte e acquatinta 290 x 298 
Il Big bang dal quale è scaturito l’universo di Lanari coinvolge la tecnica, il linguaggio e la visione del mondo.
Adesso tratteggi regolari all’acquaforte s’incrociano individuando figure sempre prive di contorni nettamente delineati.
IL SOGNO DEL VELIERO IN BOTTIGLIA, 2001 acquaforte, 160 x 410
La scelta è correlata a significative motivazioni espressive: è come se la curiosità di esplorare il mondo percorrendo i sentieri delle fiabe lo abbia spinto a scovare un varco, un punto di affaccio, oggi si direbbe un “portale”, su un altro mondo parallelo, misterioso e stimolante che solo con i semplici segni incrociati dell’acquaforte si può restituirne la magica suggestione.

IL BOSCO INCANTATO, 2003
Acquaforte, 400 x 240
Non è un caso che da quel momento iniziano i riconoscimenti più significativi. Lanari inizia ad esporre nel 1990 con partecipazioni a concorsi e a mostre in Italia e all’estero, non numerosissime rispetto ad altri artisti che però, nel gran numero, non di tutto possono andar fieri.
Evitando di riportarne l’elenco non intendo sostenere che tutto questo sia solo futile vanità o folklore che ogni arte porta inevitabilmente con sé, ma che, anche senza alcuna medaglia la valore artistico, la sua opera, per me, manterrebbe intatto tutto il suo interesse.
L’incisione “fantastica”, per riprendere una definizione cara a Paolo Bellini, ha in Italia significativi interpreti, non altrettanto significativamente apprezzati in patria, e sarebbe di buon auspico che con Lanari s’iniziasse una serie di presentazioni di artisti che sviluppano tale tematica ed ho evitato volutamente l’espressione “ricerca” tanto cara a chi vuol darsi un tono di contemporaneità: gli artisti che mi interessano non ricercano per il semplice fatto che non hanno smarrito nulla e conoscono bene il territorio che attraversano.

IL PESCATORE, 2004
Acquaforte, 300 x 240
Benché creazioni della facoltà immaginativa dell’artista le recenti visioni di Lanari presentano molti aspetti di concretezza reale, esistono davvero: esistono nella mente e nel cuore dell’autore, esistono nel foglio stampato, esistono per noi che le osserviamo. Non si tratta di subitanee visioni frutto di un moto dell’anima, di una momentanea eccitazione della facoltà immaginativa che dà origine a ogni genere di sfolgoranti immagini mentali in continuo e rapido mutamento. Lanari sembra invece raffigurare un mondo che conosce bene, che vede con i suoi occhi e che raffigura nel modo più fedele possibile. Si può davvero percorrere in equilibrio un fascio di luce e la disponibilità nei confronti dell’inaspettato possiamo definirla, con la formula mutuata da Coleridge, come la «sospensione dell’incredulità» da parte di un osservatore complice. Qualunque suspension of disbelief opera come una tregua nel duro, implacabile assedio che il determinismo fa all’uomo. In tale tregua Lanfranco Lanari ordisce la variante della sua concezione dell’universo. Un universo ordinato, mai caotico, popolato da creature, oggetti e personaggi noti, ma dalla condotta nuova e imprevedibile.

TORRE DI BABELE, 2008
Acquaforte punta secca mezzo tinto, 630 x 300
Un tema che ricorre di frequente e quello della torre, i significati simbolici sono quelli tradizionali: dalla concretezza muraria dell’archetipo della “Torre di Babele”, all'aereo intreccio di canne di
PER ABBATTERE MURI E COSTRUIRE PONTI
Acquaforte e punta secca, 2010
bambù evocato da “Per abbattere muri e costruire ponti”, alle “Torri fantastiche” dove con tagli e pieghe operate sulla stampa si tenta il superamento della bidimensionalità del foglio.
TORRI FANTASTICHE, 2012. Acquaforte
La soluzione è resa più evidente nella diversa inquadratura di “Palazzo d’Occidente”. 

PALAZZO D’OCCIDENTE, 2012. Acquaforte, 100 x 100 
Si ipotizza una diversa concezione dell’incisione configurando un “al di là” del mero segno grafico che in questi lavori più recenti, pur mantenendo intatta la riconoscibilità della mano, identifica anche una ulteriore variazione stilistica.


TORRI D’ORIENTE, 2011
acquaforte e puntasecca
L’arte del fantastico declinata da Lanari esige sempre uno sviluppo temporale ordinario, la sua irruzione altera istantaneamente il presente, ma la porta che dà sull’ingresso è stata e sarà la stessa nel passato e nel futuro. Egli usa i segni di un linguaggio verosimile, d’uso comune, ma nel contempo, per sottrazione di senso, ne suggerisce le precarietà. L’equilibrista che spesso compare nelle sue incisioni altri non è che l’artista stesso, perché l’artista, nella concezione di Lanari, non è mediatore, tramite o messaggero, ma come il poeta e il funambolo è creatura in bilico, che vive nel rischio di una perdita immanente.
Sarebbe superficiale considerarlo solo un gioco ironico, forse c’è anche il gusto per la maschera e il travestimento utile a dissimulare reconditi segreti; forse sono il simbolo della crescente incertezza dell’uomo che si scopre creatura fragile ed evanescente in un mondo sempre più virtuale e insicuro, che non è più fatto per accoglierlo, che sfugge come un enorme stancante labirinto.
Ritorna la tragica definizione di Pindaro che ebbe tanta risonanza nel Barocco: cos’è la vita se non un’illusione, una fantasia che l’uomo si costruisce?
Clemente Del Buono

LA FUNANBOLA 2005
acquaforte 250 X 350







NOTE
1) E. Kris, O. Kurz, La leggenda dell’artista, Vienna 1939,
    Ed it. Torino 1989.
2) Da Dürer a Goya. Incisioni di Antichi maestri da due  
    collezioni private marchigiane.
    Accademia Raffaello, Urbino 2003.
3) L. Lanari, Da Dürer a Goya. Op. cit., p. 87.
4) L. Mozzoni, “...oca badessa anatra contessa...”
    Ed. L’asterisco, Jesi 1992.
5) P. Zampetti, Le incisioni di Lanari. L’asterisco. Jesi 1996.