Chissà in quante e in
quali case se ne conserva ancora una copia.
Si tratta della «Seconda edizione aggiornata alle ore 22 del 30
gennaio 1995» e in questo preciso istante sono già trascorsi diciotto anni
durante i quali moltissime cose sono cambiate, ma a rileggerla conserva intatta
tutta la sua validità.
Ripropongo la premessa
senza alcuna indicazione e senza altro commento: vediamo se qualcuno se ne
ricorda?
PREMESSA
«La
materia sensuale di ogni arte reca con sé una speciale fase o qualità di
bellezza, intraducibile nelle forme di ogni altra, un ordine di impressioni
distinte nella specie» (W. Pater).
Se chiedete a una persona
di media cultura cosa sia un'incisione, la risposta sarà: “la targa di ottone
sulla porta del dentista”.
Se di fronte a voi sta
una giovane ancor piena di sogni, vi segnalerà l'ultimo successo di Baglioni.
Se per vostra sfortuna
siete incappati in un critico d'arte, vi dirà in un sussurro: “grafica”; e vi
guarderà con aria di sufficienza.
Non viviamo forse in un
paese dove le parallele sono convergenti? O dove lo spazzino intasa il traffico
urbano da quando è diventato “assistente ecologico”?
E allora vediamo di
rettificare queste antiche parole; e definiamole bene, a scansare l'equivoco.
Per quanto riguarda la
parola “incisione”, è la nostra persona di media cultura, ad essere più vicina
alla realtà delle cose. Da oltre cinquecento anni “incisione” è un pezzo di
metallo scavato come “la targa di ottone sulla porta del dentista”, o un pezzo
di legno rilevato come un timbro da ufficio, che inchiostrati e poi stampati su
varie e bellissime carte lasciano segni, alberi, fiumi, colline all'alba,
scarpe non nuove, contesse, polli; quando non gufi, profeti, bambini.
Matrice è il nome del
pezzo di metallo o di legno: complice la sopravveniente fertilità; l'inesausta,
seppure sempre unica, riproducibilità.
Perché sarà la mano
onesta con una semplice punta di metallo o con un piccolo coltello d'occasione,
a fare irripetibili i segni. Perché sarà la mano onesta con due cilindri o con
una stecca d'osso, quando non col cucchiaio di cucina, a lasciarvi indelebile e
unica l'impronta dell'inchiostro, che per antica consuetudine è nero; come è
bianca la bellissima carta.
Stampata l'incisione,
teniamocela cara.
Perché il resto è davvero
silenzio. Quando non polvere.
Che significa “grafica”
se non niente?
Nel migliore dei casi
“grafica” è una signora lombarda sui quarant'anni, con belle e curate mani, che
disegna un libro da bambini scritto da un'altra signora divorziata, per metà
svizzera e per metà peruviana, che abita a undici chilometri da Erba. Nel
peggiore dei casi è litografia finta, fotoincisione vera, serigrafia industriale,
zincografia vera. E vi risparmio la descrizione di questi processi di stampa
industriale.
Ecco il motivo di questa
“storia”.
Sia finalmente una storia
di incisori-incisori, che il pubblico non conosce. Perché, da queste parti e di
questi tempi, le mostre e gli articoli sui giornali si occupano generalmente di
“pittori-grafici”: signori che mettono i loro autografi sotto stampe
industriali.
Pubblicizzati da
presuntuosissimi critici o da prezzolati giornalisti d'arte che tutto chiamano
“grafica” - non distinguendo una tecnica dall'altra - questi “pittori-grafici”
galleggiano nell'orribile favella del pubblico borghese; fanno, come si dice,
notizia. E soprattutto, vendono.
Le poche informazioni
sull'incisione contemporanea sono invece imbalsamate in pochi, infrequentabili
“gabinetti di stampe”. Sono questi luoghi preposti a nascondere ai
contemporanei eventuali qualità o bellezze in morti cataloghi illeggibili, irti
come sono di rimandi in criptico, burocratico linguaggio.
Si può quindi ben dire
che l'incisione contemporanea italiana passa dall'acido, utile alla vita del
segno, alla morte di questi luoghi senz'aria e senza tempo. Senza alcuna
comunicazione per i vivi. D'altra parte l'incisione è un'arte destinata a
scomparire nel giro di due generazioni, al massimo.
Come tutte le cose
seriamente rare e verificabili di questo paese. Non mi illudo con le poche note
di questa storia di cambiare il corso delle cose, o le cose della corsa.
L'arte dell'incisione non
è ancora, mi pare, nel paniere della scala mobile.
Dopo diciotto anni gli
unici aspetti che appaiono superati sono l’abolizione “della scala mobile” e forse Baglioni non è più
nella play list di “una giovane ancor
piena di sogni”.
È Forte la
tentazione di ripubblicare tutto, potrei dedicarvi una pagina apposita, conosco
bene l’Autore che sarebbe d’accordo, qualche problema di diritti potrebbe
essere sollevato dall’Editore.
Vedremo.
Frattanto salto le
successive sessanta pagine che sono ormai “Storia” seppur “breve ma veridica”.
Sono storia confermata
dal tempo che ha suggellato anche la punteggiatura oltre ai giudizi critici
fatti “con carne macinata di
incisori italiani contemporanei. Ma il più delle volte è carne in bianco. Se
poi qualche polpetta è avvelenata, (ma non si esageri)…”
Vado direttamente al
poscritto che contiene una “modesta
proposta per rilanciare l’incisione”.
Adesso che per
l’incisione i tempi sono tornati ad essere sinistri e mentre si ricercano
strategie di rilancio economico la “modesta
proposta” potrebbe trovar posto in una qualche “agenda” che i politici
proprio in questi giorni tentano di ammannirci, se non fosse che per la
direzione intrapresa, col redditometro e gli incombenti controlli, sembra
appartenere alle più visionarie utopie sociali rivoluzionarie.
Del poscritto riporto
solo la conclusione:
«…Naturalmente bisogna
evitare di abbassare la guardia. Critici, galleristi, biennalisti,
triennalisti, sperimentalisti e altri blobbisti, sono in agguato, aggiornati
Barbaricce. Aiutiamo allora i nostri Bonaventura dell'incisione. Diamo denari a
chi apre bottega di stampa (anche in casa propria). Esentiamolo dal pagare
tasse, da tenere registri contabili. È una modesta proposta. Dove si possono
trovare denari? Ovviamente dal mercato. E per l'avvio? Si chiudano, nelle
accademie, le scuole di incisione. Si pensionino i docenti perché annaffino il
loro giardino. Così eviteranno di predisporre al lastrico centinaia di
imbecilli presuntuosi, untuosi e spocchiosi. Non ho scritto di riaprire i
bordelli, per finanziare la nascita di botteghe incisorie. Ho scritto di
chiudere questi bordelli artistici e di utilizzare a fin di bene quanto
naturalmente si risparmia. Per il bene di tutti. Arte compresa.»
«Solo gli spiriti superficiali si accostano a un'idea con
delicatezza.»
E. M. Cioran