mercoledì 30 gennaio 2013

AGENDA…


Chissà in quante e in quali case se ne conserva ancora una copia.
Si tratta della «Seconda edizione aggiornata alle ore 22 del 30 gennaio 1995» e in questo preciso istante sono già trascorsi diciotto anni durante i quali moltissime cose sono cambiate, ma a rileggerla conserva intatta tutta la sua validità.
Ripropongo la premessa senza alcuna indicazione e senza altro commento: vediamo se qualcuno se ne ricorda?


PREMESSA

«La materia sensuale di ogni arte reca con sé una speciale fase o qualità di bellezza, intraducibile nelle forme di ogni altra, un ordine di impressioni distinte nella specie» (W. Pater).

Se chiedete a una persona di media cultura cosa sia un'incisione, la risposta sarà: “la targa di ottone sulla porta del dentista”.
Se di fronte a voi sta una giovane ancor piena di sogni, vi segnalerà l'ultimo successo di Baglioni.
Se per vostra sfortuna siete incappati in un critico d'arte, vi dirà in un sussurro: “grafica”; e vi guarderà con aria di sufficienza.
Non viviamo forse in un paese dove le parallele sono convergenti? O dove lo spazzino intasa il traffico urbano da quando è diventato “assistente ecologico”?
E allora vediamo di rettificare queste antiche parole; e definiamole bene, a scansare l'equivoco.
Per quanto riguarda la parola “incisione”, è la nostra persona di media cultura, ad essere più vicina alla realtà delle cose. Da oltre cinquecento anni “incisione” è un pezzo di metallo scavato come “la targa di ottone sulla porta del dentista”, o un pezzo di legno rilevato come un timbro da ufficio, che inchiostrati e poi stampati su varie e bellissime carte lasciano segni, alberi, fiumi, colline all'alba, scarpe non nuove, contesse, polli; quando non gufi, profeti, bambini.
Matrice è il nome del pezzo di metallo o di legno: complice la sopravveniente fertilità; l'inesausta, seppure sempre unica, riproducibilità.
Perché sarà la mano onesta con una semplice punta di metallo o con un piccolo coltello d'occasione, a fare irripetibili i segni. Perché sarà la mano onesta con due cilindri o con una stecca d'osso, quando non col cucchiaio di cucina, a lasciarvi indelebile e unica l'impronta dell'inchiostro, che per antica consuetudine è nero; come è bianca la bellissima carta.
Stampata l'incisione, teniamocela cara.
Perché il resto è davvero silenzio. Quando non polvere.
Che significa “grafica” se non niente?
Nel migliore dei casi “grafica” è una signora lombarda sui quarant'anni, con belle e curate mani, che disegna un libro da bambini scritto da un'altra signora divorziata, per metà svizzera e per metà peruviana, che abita a undici chilometri da Erba. Nel peggiore dei casi è litografia finta, fotoincisione vera, serigrafia industriale, zincografia vera. E vi risparmio la descrizione di questi processi di stampa industriale.
Ecco il motivo di questa “storia”.
Sia finalmente una storia di incisori-incisori, che il pubblico non conosce. Perché, da queste parti e di questi tempi, le mostre e gli articoli sui giornali si occupano generalmente di “pittori-grafici”: signori che mettono i loro autografi sotto stampe industriali.
Pubblicizzati da presuntuosissimi critici o da prezzolati giornalisti d'arte che tutto chiamano “grafica” - non distinguendo una tecnica dall'altra - questi “pittori-grafici” galleggiano nell'orribile favella del pubblico borghese; fanno, come si dice, notizia. E soprattutto, vendono.
Le poche informazioni sull'incisione contemporanea sono invece imbalsamate in pochi, infrequentabili “gabinetti di stampe”. Sono questi luoghi preposti a nascondere ai contemporanei eventuali qualità o bellezze in morti cataloghi illeggibili, irti come sono di rimandi in criptico, burocratico linguaggio.
Si può quindi ben dire che l'incisione contemporanea italiana passa dall'acido, utile alla vita del segno, alla morte di questi luoghi senz'aria e senza tempo. Senza alcuna comunicazione per i vivi. D'altra parte l'incisione è un'arte destinata a scomparire nel giro di due generazioni, al massimo.
Come tutte le cose seriamente rare e verificabili di questo paese. Non mi illudo con le poche note di questa storia di cambiare il corso delle cose, o le cose della corsa.

L'arte dell'incisione non è ancora, mi pare, nel paniere della scala mobile.

Dopo diciotto anni gli unici aspetti che appaiono superati sono l’abolizione “della scala mobile” e forse Baglioni non è più nella play list di “una giovane ancor piena di sogni”.
È Forte la tentazione di ripubblicare tutto, potrei dedicarvi una pagina apposita, conosco bene l’Autore che sarebbe d’accordo, qualche problema di diritti potrebbe essere sollevato dall’Editore.
Vedremo.
Frattanto salto le successive sessanta pagine che sono ormai “Storia” seppur “breve ma veridica”.
Sono storia confermata dal tempo che ha suggellato anche la punteggiatura oltre ai giudizi critici fatti “con carne macinata di incisori italiani contemporanei. Ma il più delle volte è carne in bianco. Se poi qualche polpetta è avvelenata, (ma non si esageri)…”
Vado direttamente al poscritto che contiene una “modesta proposta per rilanciare l’incisione”.
Adesso che per l’incisione i tempi sono tornati ad essere sinistri e mentre si ricercano strategie di rilancio economico la “modesta proposta” potrebbe trovar posto in una qualche “agenda” che i politici proprio in questi giorni tentano di ammannirci, se non fosse che per la direzione intrapresa, col redditometro e gli incombenti controlli, sembra appartenere alle più visionarie utopie sociali rivoluzionarie.
Del poscritto riporto solo la conclusione:
«…Naturalmente bisogna evitare di abbassare la guardia. Critici, galleristi, biennalisti, triennalisti, sperimentalisti e altri blobbisti, sono in agguato, aggiornati Barbaricce. Aiutiamo allora i nostri Bonaventura dell'incisione. Diamo denari a chi apre bottega di stampa (anche in casa propria). Esentiamolo dal pagare tasse, da tenere registri contabili. È una modesta proposta. Dove si possono trovare denari? Ovviamente dal mercato. E per l'avvio? Si chiudano, nelle accademie, le scuole di incisione. Si pensionino i docenti perché annaffino il loro giardino. Così eviteranno di predisporre al lastrico centinaia di imbecilli presuntuosi, untuosi e spocchiosi. Non ho scritto di riaprire i bordelli, per finanziare la nascita di botteghe incisorie. Ho scritto di chiudere questi bordelli artistici e di utilizzare a fin di bene quanto naturalmente si risparmia. Per il bene di tutti. Arte compresa.»

«Solo gli spiriti superficiali si accostano a un'idea con delicatezza.»

E. M. Cioran

lunedì 14 gennaio 2013

L’ARTE E IL TORCHIO



L’incisione tra storia, tecnica e segno grafico
Quattro incontri con Vladimiro Elvieri presso "Lo Studiolo" di via Beltrami 26, Cremona
La rassegna internazionale “L'Arte e il Torchio” riscopre - attraverso quattro incontri, dal 17 gennaio al 7 febbraio, presso "Lo Studiolo" di via Beltrami - la storia dell’arte dell’incisione, d’invenzione e di traduzione, dagli inizi ai nostri giorni, vista attraverso le opere dei grandi maestri. In quattro appuntamenti saranno illustrati attraverso le varie tecniche incisorie - da quelle dirette (bulino, puntasecca, maniera nera) a quelle indirette (acquaforte, acquatinta, ceramolle, ecc.), dai metodi a rilievo (xilografia e linoleografia) fino a quelli “sperimentali” del ’900 - i percorsi creativi e innovativi dell’arte a stampa. Percorsi generati dall’uso manuale di punte e scalpelli, di acidi e di inchiostri su lastre di metallo o di legno stampate su carta mediante torchi e presse, spesso anticipatori, a volte più della stessa pittura, di nuove visioni del mondo. Una libertà espressiva conseguita per mezzo di una costante sperimentazione di mezzi e di possibilità, sempre condotta però nell’ambito dell’incisione originale e cioè della realizzazione della matrice da parte dello stesso autore, senza l’ausilio di operazioni foto-riproduttive nella resa finale dell’immagine. Una forma d’arte, quella dell’incisione, che secondo Charles Baudelaire, permette di esprimere ai più alti livelli la propria personalità.
Proprio l'ampio spettro della ricognizione proposta da Vladimiro Elvieri, anima della rassegna "L'Arte e il Torchio", offre la possibilità un confronto diretto tra tecniche ed artisti e diviene stimolo per percorsi di conoscenza che indaghino tutto il mondo creativo, rendano possibili confluenze tra eventi estetici e visioni scientifiche, consolidino convergenze tra procedure tecniche e stimoli fantastici.
L’incisione attraversa, infatti, tutta la storia dell’Umanità, dalle ossa incise con strumenti litici ai manufatti di epoca romana, dalle tecniche orafe medievali dell’Agemina e del Niello all’invenzione del torchio calcografico e dell’incisione su matrici di metallo per trarne delle stampe. Una rivoluzione epocale che ha permesso, insieme all’invenzione dei caratteri mobili, la diffusione della cultura nel mondo.

Giovedì 17 Gennaio
La prassi dell’incidere
Il primo incontro della rassegna, ripercorrerà proprio "La prassi dell’incidere", dai graffiti rupestri alle tecniche dirette del bulino, puntasecca e maniera nera.

24 Gennaio
Le tecniche indirette dal XVI secolo ad oggi
saranno invece illustrate "Le tecniche indirette dal XVI secolo ad oggi". La nascita dell’incisione indiretta, ossia mediante l’uso di acidi per scavare le matrici in metallo, ha permesso, da Cinquecento, una maggiore facilità d’esecuzione rispetto alla difficoltà del bulino, al punto che, a tutt’oggi, l’Acquaforte risulta la tecnica d’incisione più diffusa. A questo metodo, dalla fine del Settecento fu spesso associata l’Acquatinta, in grado di esprimere in aree tonali, gli elementi chiaroscurali dell’immagine.

31 Gennaio
Metodi a rilievo
La lezione sarà dedicata - - al Settecento ed alla scuola veneta, ma anche alla Xilografia e alle tecniche a rilievo, nelle quali l’inchiostro viene posto sulla superficie della matrice in legno mediante rulli. Saranno infine illustrati i metodi innovativi nell’incisione del Novecento, sperimentati negli atelier parigini di Henri Goetz e di Stanley William Hayter.

7 Febbraio
Tre video sull’incisione “sperimentale” del ’900
Concluderà la rassegna la proiezione di tre filmati video relativi ai metodi incisori sperimentati nei maggiori atelier parigini del secolo scorso, da Stanley William Hayter alle prese con il bulino e la stampa a colori simultanei con un solo passaggio al torchio presso il famoso Atelier 17, alla tecnica del carborundum inventata da Henri Goetz, fino ad un raro documento registrato a Cremona nel 2004, quando Hector Saunier e Chen Shu-Lin, si confrontarono con le tecniche Hayter e altri metodi di stampa a colori simultanei.
La rassegna è promossa dall'Associazione Culturale "Lo Studiolo" di via Beltrami 26, Cremona, in collaborazione con Cremonabooks.

La partecipazione è libera. Poiché la frequenza è limitata a 30 posti è necessaria la prenotazione.
Per informazioni ed iscrizioni è possibile contattare direttamente Vladimiro Elvieri (tel. 0372 30410; e-mail: info@elvieri-toni.com).

mercoledì 2 gennaio 2013

DIALOGO SU UNA NUOVA ASSOCIAZIONE

- Certo che comincia ad essere difficile. Le parole sono quelle: Associazione, Incisori, Italiana, Nazionale
- Finché c’erano quelle regionali si poteva contare almeno su venti denominazioni diverse senza problemi.
- Mi stranizza che non si sia ancora arrivati a quella internazionale, in fondo basterebbero un paio di stranieri, anche finti cioè di quelli che risiedono in Italia da una vita… e non mancano.
- Non mancano neanche gli artisti trans-regionali (per esempio nati in Sicilia e residenti in Lombardia o viceversa) utilissimi per ampliare gli orizzonti geografici.
- …Contemporanei… ecco cosa mancava, è scontato, ma torna utile per differenziarsi.
- Eppure sarebbe un’idea originale…
- Ma è ovvio che siano contemporanei
- No! No… Stavo pensando: Associazione Incisori Estinti.
- Alludi? “O capitano! Mio capitano”, però l’acronimo sarebbe AIE che già esiste in altri ambiti.
- Allora sarà ANIE (Associazione Nazionale Incisori Estinti) oppure AIIE (Associazione Internazionale Incisori Estinti) così potrò reclutare anche Dürer, Rembrandt e Goya… Che squadra! Nessuno potrà accusarci di dilettantismo.
Consideratela già fondata ed io, redivivo Signor Baum, sono pronto a far causa a chiunque intenda appropriarsi dell’idea: l’unica condizione richiesta per l’iscrizione è… essere incisori defunti, anche se comporterà qualche problema per la riscossione delle quote associative.
- Stai attento potrebbero accusarti di istigazione al suicidio, perché qualcuno di quelli pronti ad iscriversi a qualsiasi conventicola non esiterebbe ad acquisire il diritto per farne parte.
- Ci si propone come gli scopritori dell’acqua calda e non capisco se c’è più presunzione o ignoranza.
- Hai notato che per lo statuto pare non esserci alcun problema, anche se sono tutti uguali nessuno ha mai avuto da ridire.
- nel post “sulle associazioni” ho già spiegato perché mentre chiudono le gallerie (nel numero in uscita di “Archivio” Anna Rosso darà comunicazione ufficiale che “Il Quadrato” di Chieri chiude definitivamente) e vengono soppressi i finanziamenti a rassegne storiche… aumentano le associazioni (declinabili al diminutivo o al dispregiativo, ma con la dovuta eccezione che è anche eccellenza).
- Insomma è già nata?
- L’Annunciazione c’è già stata, si pensava che arrivasse per Natale come il bambinello, ma probabilmente la porterà la Befana.
- «Al momento gli artisti che hanno aderito sono circa 60, provenienti da 14 regioni, e sono tutti artisti di ottimo livello…»
- Non lo metto in dubbio (???), ma si sa nulla sulle condizioni di "reclutamento"?
- Da qualche parte dovrei avere le modalità per entrare a far parte della "RE " (Royal Society of Painter-Printmakers) sarebbe una lettura istruttiva per gli associazionisti italiani.
- Se la condizione per l’iscrizione è solo il pagamento della quota, anch’io che non so tracciare la “O” col bicchiere sarei capace di incidere un paio di lastre di “ricerca” e iscrivermi per fregiarmi della qualifica di «artista di ottimo livello».
- Almeno potresti aderire come socio sostenitore: «I soci sostenitori sono coloro che intendono aiutare l’Associazione con il solo contributo annuale, fissato per l’anno 2013 in 40,00 euro (o più se si desidera)».
- Per averne cosa?
- ??????
- «I don’t want to belong to any club that will accept people like me as a member»
- Traduci! Che è meglio.
- La penso come Groucho Marx che nella lettera di dimissioni dal Friar's Club di Hollywood scrisse: «non vorrei mai far parte di un club che accettasse tra i suoi soci uno come me».
- ……

P.S.
A questo punto del “dialogo”, non si potrebbe far altro che ripetere quanto scritto quasi due anni addietro (era il 25 Febbraio 2011) nel post SULLE ASSOCIAZIONI, con l’unica differenza che le associazioni nazionali sarebbero due: mi astengo, ne consiglio la lettura e auguro Buon Anno.

P.P.S.
Se nell’ultimo anno ho pubblicato meno post non è perché manchino spunti, ma perché per quello che accade avrei potuto riproporre quanto già scritto negli anni precedenti che temo (con qualche presunzione profetica) valido anche per il futuro.
Si potrebbe anche interpretare come sintomo dell’esaurimento della ragione di esistere del Blog (ammesso che ne abbia mai avuta una) e quindi meglio sarebbe abbandonarlo alla deriva o lasciarlo…  naufragar in questo mare… virtuale.